IN COSA CONSISTE

Il cd. Aiuto alla Crescita Economica, introdotto per la prima volta dall’art. 1 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, rappresenta una norma agevolativa che ha lo scopo di incentivare la patrimonializzazione delle imprese mediante una detassazione di una parte del reddito imponibile proporzionale agli incrementi del patrimonio netto.

La finalità alla base di questa agevolazione è quella di equilibrare il trattamento tra:

  • Imprese che si finanziano con debito (prestiti);
  • Imprese che si finanziano con capitale proprio.

La normativa intende dunque incentivare i soci a capitalizzare la propria società, ovvero l’imprenditore individuale a capitalizzare la propria impresa, conferendo denaro ovvero rinunciando alla distribuzione degli utili, come alternativa agli investimenti di tipo finanziario effettuabili sul mercato.

In questo contesto, il decreto Sostegni-bis, pubblicato il 25 maggio in Gazzetta Ufficiale, ha introdotto un potenziamento una tantum del beneficio ACE per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020. Il potenziamento trova applicazione limitatamente alla variazione in aumento del capitale proprio del periodo d’imposta 2021 rispetto a quello esistente al termine dell’esercizio precedente, per un importo massimo di 5 milioni. Su tale differenziale incrementale viene riconosciuto un rendimento Ace maggiorato del 15% in luogo del coefficiente ordinario dell’1,3 per cento.

BENEFICIARI

Dal punto di vista soggettivo, possono beneficiare dell’agevolazione:

  1. Le società di capitali, gli enti commerciali e le stabili organizzazioni dei soggetti non residenti;
  2. Le persone fisiche che esercitano attività di impresa, purché in contabilità ordinaria;
  3. Le società in nome collettivo e in accomandita semplice, purché in contabilità ordinaria.

Sono esclusi dall’agevolazione i soggetti previsti dall’art. 73, comma 1, lett. c) del TUIR, ovvero “gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale e gli organismi di investimento collettivo del risparmio”.

In aggiunta, non possono accedere all’ACE anche le società che:

  • sono soggette alle procedure di fallimento o di liquidazione coatta (dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il provvedimento che ordina la liquidazione), oppure sono soggette alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (in tal caso dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il decreto che dichiara l’apertura della procedura);
  • svolgono, come attività prevalente, una di quelle per le quali hanno esercitato l’opzione di cui all’art. 155 TUIR (cd. Tonnage tax);
  • rientrano tra le società agricole che determinano il reddito in base all’art. 32 TUIR.

Allo stesso modo, il beneficio non si applica agli imprenditori:

  • assoggettati alle procedure di fallimento dall’inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazione di fallimento;
  • agricoli che determinano il reddito ai sensi dell’art. 32 TUIR.

 Calcolo del beneficio e modalità di utilizzo

La determinazione dell’importo deducibile dal reddito imponibile si calcola partendo dalla sommatoria dei componenti che hanno inciso positivamente e negativamente sul capitale.

Nello specifico, costituiscono incrementi della base ACE:

  • i conferimenti in denaro versati dai soci o partecipanti (per esempio i versamenti a titolo di capitale o di sovrapprezzo azioni o quote, i versamenti a fondo perduto o in conto capitale) ovvero quelli versati per acquisire la qualifica di socio o partecipante;
  • gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili (esempio gli accantonamenti alla riserva legale, statutaria e straordinaria);
  • la conversione in azione di prestiti obbligazionari convertibili.

Costituiscono, al contrario, decrementi della base ACE:

  • le riduzioni di patrimonio netto con attribuzione ai soci effettuate a qualsiasi titolo, in denaro o natura (ad esempio le distribuzioni di riserve di capitali o la riduzione di capitale sociale con attribuzione ai soci);
  • gli acquisti di partecipazioni in società controllate;
  • gli acquisti di aziende o di rami di aziende;
  • l’incremento di crediti da finanziamento.

Il risultato così ottenuto va confrontato con il patrimonio netto contabile che risulta dal bilancio di esercizio, determinando in tal modo l’incremento patrimoniale che rappresenta la base di calcolo dell’ACE.

  1. L’Agenzia delle Entrate con circolare 20 settembre 2012, n. 35 ha specificato che la base ACE non può mai eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, compreso il risultato dell’esercizio (a tal fine la perdita di esercizio contribuisce a determinare il patrimonio netto contabile che rappresenta il limite massimo del beneficio).

L’importo deducibile viene individuato moltiplicando la base di riferimento per una precisa aliquota percentuale.

  • In questo contesto è intervenuto il decreto legge 73/2021 (Sostegni-bis), che all’ 19 ha predisposto un meccanismo di potenziamento dell’ACE: per la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo di imposta 2020 viene riconosciuto un rendimento ACE al 15% al posto di quello dell’1,3%.

La norma specifica che la variazione in aumento del capitale proprio rileva per un ammontare massimo di 5 milioni di euro indipendentemente dall’importo del patrimonio netto risultante dal bilancio.

In concreto, dunque, l’ACE dell’anno fiscale 2021 sarà costituita dalla somma:

  • dell’ACE calcolata con aliquota 1,3% per gli incrementi fino al 31 dicembre 2020;
  • dell’ACE calcolata con aliquota 15% per gli incrementi del periodo 1° gennaio 2021 – 31 dicembre 2021.

Considerando l’arco temporale ristretto di riferimento per il 2021, gli incrementi del periodo saranno considerati, ai fini del beneficio, senza ragguaglio ai giorni (quindi come se fossero stati effettuati il primo giorno dell’anno).

Al fine di evitare abusi, quali immissioni temporanee di denaro in azienda per sfruttare il beneficio, è stato previsto che gli incrementi debbano permanere nel patrimonio dell’impresa fino al 31 dicembre 2021.

Per quanto concerne le modalità di utilizzo, l’ulteriore novità, in aggiunta alla super aliquota, risiede nella possibilità di fruire dell’agevolazione in via anticipata nella forma di credito di imposta, in alternativa all’ordinaria deduzione del rendimento nozionale dal reddito complessivo netto, con possibile cessione del credito stesso, in alternativa al rimborso o all’utilizzo in compensazione. Viene prevista inoltre la possibilità di successive cessioni del credito ad altri soggetti, con la precisazione che i cessionari rispondono solo per un eventuale utilizzo dello stesso in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto.

Il credito di imposta può essere utilizzato dal giorno successivo a quello in cui è avvenuto l’incremento: dunque dal giorno successivo a quello dell’avvenuto versamento del conferimento in denaro; dal giorno successivo alla rinuncia o compensazione di crediti; dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare a riserve l’utile di esercizio.

Il credito dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito di impresa né alla base imponibile IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui all’art. 109 comma 5 TUIR.

I soggetti che intendono avvalersi del credito di imposta dovranno prima presentare una comunicazione all’Agenzia delle entrate, precisando che occorrerà attendere un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto Sostegni-bis, che determinerà le modalità operative per la cessione.