Con D.p.c.m. 22 marzo 2020 contenente “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale” si è posta un’ulteriore restrizione alle attività attività produttive, rallentando il sistema economico che però, come ha specificato il premier Conte, “non si ferma”.
A tal proposito, vi riportiamo di seguito una breve sintesi del decreto con delle puntualizzazioni così da permettere di orientarsi meglio in questo momento di estrema incertezza e difficoltà operativa.
Innanzitutto, viene ribadito che continuano a restare aperti:
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- i supermercati;
- i negozi di generi alimentari e di prima necessità;
- farmacie e parafarmacie;
- servizi bancari, postali e assicurativi;
- servizi pubblici essenziali come i trasporti;
- attività professionali (studi professionali come ingegneri, architetti, commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, ecc.).
ATTENZIONE! Al di fuori delle attività essenziali e delle attività produttive rilevanti, il lavoro sarà consentito solo in modalità smart-working.
Nell’Allegato 1 al decreto è inoltre specificato l’elenco delle attività produttive e industriali che possono continuare ad essere svolte.
IMPORTANTE! Viene previsto che le imprese le cui attività sono sospese possano completare le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo, compresa la spedizione della merce in giacenza.
Il decreto ammette lo svolgimento delle altre attività che sono comunque funzionali ad assicurare la continuità delle filiere di cui all’allegato, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali, previa comunicazione al Prefetto.
E’ consentita poi l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria, dispositivi medico-chirurgici, prodotti agricoli e alimentari e ogni altra attività funzionale a fronteggiare l’emergenza.
Infine viene stabilito il divieto di spostamento al di fuori del comune di residenza se non per comprovate esigenze lavorative, di assoluta emergenza o per motivi di salute. A tal fine viene abrogata la disposizione del modello di autocertificazione che permetteva il rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza (che pertanto non è più consentito).