Tra i principi ispiratori del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza vi è quello di «consentire alle imprese sane in difficoltà finanziaria di ristrutturarsi in una fase precoce, per evitare l’insolvenza e proseguire l’attività»

La conservazione del patrimonio

Uno tra gli aspetti cui la dottrina ha assegnato particolare rilevanza riguarda i comportamenti che gli amministratori sono tenuti a osservare in contesti di crisi d’impresa, sia nella fase di manifestazione dei primi segni della crisi sia in contesti di crisi conclamata.

Con questo intento il legislatore, con l’articolo 375 del nuovo Codice ha riformulato l’articolo 2086 CC, disponendo che l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Sul punto appare utile osservare che, nel normale esercizio dell’impresa, la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale rappresenta un obbligo che gli amministratori hanno verso i soci, ancor prima che nei confronti dei creditori. Altrettanto non può dirsi quando ci si trovi in una situazione di crisi in grado di compromettere la continuità aziendale e la capacità della società di far fronte alle proprie obbligazioni. In tale contesto assume particolare rilevanza nelle scelte gestionali il dovere di protezione dell’interesse dei creditori alla conservazione della garanzia patrimoniale, che impone agli amministratori di non assumere decisioni che aggravino la posizione dei creditori esponendoli al rischio della perdita del proprio credito.

Pertanto, se nella fase prodromica alla crisi gli amministratori sono tenuti a bilanciare l’interesse dei soci con quello dei creditori, in una fase di dissesto conclamato è evidente il mutamento di prospettiva in favore della tutela degli interessi dei creditori

 

Le azioni di responsabilità nei confronti dell’organo amministrativo

L’articolo 378 del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza contiene due commi che hanno modificato rispettivamente gli articoli 2476 e 2486 del Codice Civile.

In particolare, nell’art. 2476 CC è stato aggiunto il comma 6 che prende in considerazione una maggiore responsabilità degli amministratori rispetto agli obblighi di conservazione del patrimonio sociale, in quanto prevede espressamente che essi rispondano verso i creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.

Secondo l’art. 2476 CC gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società; rispondono inoltre verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori.

All’art 2486 CC è stato invece aggiunto il comma 3 che introduce un criterio di liquidazione dei danni conseguenti all’inosservanza dell’obbligo di gestire la società, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, al fine di preservare integrità e valore del patrimonio sociale.

Secondo tale articolo, quando è accertata la responsabilità degli amministratori, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura.

La nuova disposizione introduce quindi un criterio univoco di calcolo del risarcimento del danno a carico dell’amministratore, al fine di preservare l’integrità e il valore del patrimonio.

Si tratta quindi di disposizioni legislative che incidono sul sistema generale della responsabilità degli amministratori di società di capitali, anche al di fuori di una procedura concorsuale.